La vita e la morte

Novembre, il mese in cui si commemorano i defunti,  ci ricorda che la Vita e la Morte sono parte della stessa esistenza.

Per la Chiesa Cattolica si commemorano i defunti il 2 novembre. L’ istituzione della commemorazione dei defunti si deve all’abate Odillon di Cluny tra il 1024 e il 1033.

La morte: controversa figura dalle multiformi rappresentazioniSiamo consapevoli della morte, così come siamo consapevoli del dolore e della sofferenza. Infatti, a differenza di altri animali siamo dotati di “intelligenza mentale”, cioè ci rendiamo conto e possiamo riflettere su che cosa ci accade istante per istante. Siamo anche dotati di “intelligenza spirituale”, la consapevolezza della morte, del dolore e della sofferenza, ci spinge a ricercare il senso e significato nella nostra vita del “perché la morte?” e “cosa c’è dopo?”, “perché il dolore e quale la sua funzione?”. A differenza degli altri animali, proteggiamo il corpo del defunto.

A pensarci bene il nostro benessere psicofisico dipende da quanto ci prendiamo cura sia della nostra intelligenza mentale, cioè della capacità di renderci conto dei pensieri, dei sentimenti e del mondo che ci circonda in modo da sviluppare nuovi punti di vista più buoni per la qualità della nostra vita. Non solo, il nostro benessere psicofisico dipende da quanto ci prendiamo cura della nostra intelligenza spirituale, della capacità di dare senso e significato agli eventi della vita che sono fuori dal nostro controllo. Commemorare i defunti è un modo per coltivare la nostra intelligenza spirituale che attraverso la contemplazione del mistero della morte, e del dolore che ne consegue, ci permette di collegarci la parte più profonda della nostra interiorità dove recuperare significati universali con cui leggere la vita.

Qualche riflessione storico antropologica ci aiuta ad entrare nel tema.

La prime necropoli, cimiteri, risalgono circa 12.000 anni fa. La commemorazione dei defunti appartiene alla storia dell’umanità. Onorare il loro ricordo, chiedere la loro intercessione, invocare il loro soccorso come se potessero ancora intervenire nella nostra vita caratterizza tutte le grandi civiltà.

Gli Egizi credevano in una vita dopo la morte. Quando un essere umano moriva, la sua anima faceva un lungo viaggio Morire nell'antico Egitto. "Che tu possa vivere per sempre come Ra vive per sempre" - MediterraneoAnticoaccompagnata da Anubis, un dio che la proteggeva dai pericoli fino a quando non giungeva davanti a Osiride e agli altri dei.

Gli Etruschi avevano un profondo culto dei propri defunti: la cura e l’arredamento delle loro tombe era tale da farle diventare dimore per l’eternità. Assieme al corpo venivano inumati anche i suoi beni personali e preziosi. Sulle pareti del sepolcro erano dipinte scene come banchetti, giochi atletici, danze o momenti più significativi della vita del defunto.

Nella Grecia antica il rito funebre era al centro della vita quotidiana. Per loro era fondamentale che il corpo non fosse abbandonato alla mercè degli agenti atmosferici o degli animali, altrimenti la sua psyché – la parte spirituale che usciva dalla sua bocca nel momento in cui si esalava l’ultimo respiro – non avrebbe potuto raggiungere l’Ade, il regno delle ombre e costretta a vagare senza posa.

I riti funebri nella Roma repubblicana - MediterraneoAnticoNell’ antica Roma i corpi erano cremati su pire di legno o inumati; le ceneri erano raccolte in un’urna funeraria e le esequie duravano più giorni, con il coinvolgimento anche di attori, mimi, danzatori, musici, e lamentatrici professioniste, le prefiche. Nove giorni dopo la sepoltura si celebrava una festa, la coena novendialis, in occasione della quale si versava del vino sulla tomba o sulle ceneri.

Sono solo alcune delle più antiche civiltà della storia dell’umanità. Civiltà in cui non c’era separazione tra corpo e mente, conscio e inconscio, anima e mondo materiale, vita terrena e ultraterrena, tra mondo interiore ed esteriore. Nelle civiltà antiche non c’era distinzione netta tra la vita e la morte, tra la materia e lo spirito. La morte quindi concepita come passaggio, transizione verso una dimensione in cui i limiti della materia e dello spazio diventavano evanescenti.

Durante la vita moriamo varie volte a noi stessi. Ogni volta che decidiamo di lasciare andare le nostre certezze, di lasciare andare l’immagine idealizzata di noi stessi è un po’ morire. Questo morire però fa nascere nuovi slanci di vita. E così facciamo esperienza (faticosamente) di una nuova rinascita psicologica, ci sentiamo diversi, più liberi, più forti dentro, capaci di vivere relazioni nutrienti e di cogliere opportunità dagli eventi della vita. Viviamo con il mondo un rapporto nuovo, dove abita maggiore gioia, dove cambia il senso e il significato di molte esperienze quotidiane che diventano relative, e quindi più leggere. La celebrazione dei defunti appartiene al bisogno umano di integrare nella vita anche il senso del morire.

Archetipo di morte-rinascita Simbolismo e funzione nella vita e nei sogni | Guida SogniL’atto di commemorare i morti è dunque un’esperienza “archetipale”, cioè un’esperienza universale perché appartiene all’umanità e non a noi come singoli individui. Un’esperienza che possiamo cogliere grazie alla nostra intelligenza spirituale quella che ci consente di vivere le vicende quotidiane con un respiro di universalità. E’ un momento rituale che se attraversato con emozione ci apre nutre la nostra intelligenza spirituale.

Quando attraversiamo un’esperienza archetipale ce ne accorgiamo perché accade qualcosa al nostro stato di coscienza: relativizziamo esperienze di vita, come successo nel lavoro, una critica ricevuta, un fallimento che fino a quel momento avevano valore assoluto. L ’esito positivo o negativo di queste situazioni era fondante per la nostra sopravvivenza e questo ci rendeva paurosi, prigionieri del mondo intorno perché, vicende transitorie, diventavano questioni di vita o di morte. L’incontro con la morte, quella vera, ci rende invece liberi dalle paure, in fondo tutto passa. E’ qui che assaporiamo il gusto di respirare aria di eternità e di infinito anche nei gesti semplici di ogni giorno, entriamo in contatto con la dimensione più antica e profonda della nostra interiorità quella parte di noi connessa la storia dell’umanità.

 

 

 

 

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